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I gatti non si smentiscono mai

I gatti non si smentiscono mai
Non è una novità che i gatti siano pazienti difficili da trattare soprattutto in quanto in generale, in confronto con i cani, soffrono di un minore numero di malattie ma spesso nelle forme più aggressive e di difficile diagnosi precoce. Non sfuggono a questa regola le malattie cardiovascolari che nel gatto sono sostanzialmente ridotte a due, la cardiomiopatia dilatativa e quella ipertrofica. Soprattutto quest’ultima è oggetto di attenzione tra i veterinari per le sue gravi ripercussioni sulla vita dell’animale. Un recente studio multicentrico effettuato in 21 paesi nel mondo e al quale hanno partecipato cardiologi veterinari italiani ha focalizzato le ultime acquisizioni sull’argomento. In primo luogo è accertato che la cardiomiopatia ipertrofica (HCM) può decorrere per lungo tempo in forma asintomatica, in gatti clinicamente “sani” e prima che si notino i primi sintomi quali ritmo di galoppo cardiaco e soffi. La distribuzione nell’ambito delle razze feline indica come maggiormente colpite Maine Coon, Ragdoll, British Shorthair, Sphynx, Certosino, Persiano  e Norvegese delle Foreste ma sono coinvolti anche i comuni gatti di razza Europeo. I gatti affetti da HCM possono evidenziare complicazioni gravi quali scompenso cardiaco e tromboembolismo delle arterie iliache, presenti sia singolarmente che contemporaneamente e in questi casi il periodo di sopravvivenza dopo la diagnosi è molto breve, con il decesso per morte spontanea o per eutanasia. Da notare che circa il 25% dei gatti riconosciuti come ammalati di HCM muore per cause correlate alla miocardiopatia ma anche l’1% di gatti apparentemente sani può incorrere negli stessi eventi in quanto l’affezione, sebbene presente, non è clinicamente manifesta. Nelle razze a rischio precedentemente citate, per le quali è ipotizzata o accertata una componente genetica, l’insorgenza della cardiomiopatia è alquanto precoce e può colpire soggetti di età inferiore all’anno; in questi soggetti prevedibilmente il decorso è infausto e il tempo di sopravvivenza molto breve. I segni prodromici da interpretare e da approfondire sono essenzialmente i soffi cardiaci e le aritmie, accompagnate o meno da alterazioni del profilo ematico biochimico, quali creatininemia e T4 elevati. L’esame più specifico da utilizzare come approfondimento diagnostico è ovviamente l’ecocardiografia le cui risultanze vanno comunque attentamente valutate per non incorrere in falsi positivi legati allo stato di stress del soggetto quando viene esaminato. Allo stesso modo è opportuno individuare e correggere le altre patologie potenzialmente responsabili di anomalie funzionali del cuore (es. Ipertiroidismo). Nello stesso studio, nonostante l’elevato numero di gatti esaminati e di ricercatori coinvolti non è stato possibile fornire indicazioni univoche sulla epidemiologia, insorgenza e decorso della miocardiopatia ipertrofica felina ma dal momento che le complicazioni di tale condizione sono gravi ed imprevedibili è opportuno consigliare a veterinari, proprietari ed allevatori una particolare attenzione alla diagnosi precoce.
Per saperne di più:
Fox RP, Keene BW, Lamb K, et al. International collaborative study to assess cardiovascular risk and
evaluate long-term health in cats with preclinical hypertrophic cardiomyopathy and apparently healthy cats: The REVEAL Study. J Vet Intern Med. 2018;32:930–943.
https://doi.org/10.1111/jvim.15122
 
Data: 27-06-2018
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